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maggio 1941: Operazione Rheinübung
Ora immaginiamoci quanto accadde un tempo |
Shakspeare - Enrico V |

NOTA
DELL’AUTORE: per una persona che, su una nave, sia rivolta verso la
prora, il lato destro è Dritta (Verde) e il lato sinistro è Sinistra
(Rosso). Qualunque oggetto che, visto da una nave, si trovi in un’area
compresa tra la prora e 90° di ciascun lato è a proravia; invece
quando si trova fra la poppa e 90° di ciascun lato è a poppavia. Rotte e
rilevamenti sono determinati in base alle graduazioni della bussola di 360°,
dove nord è 000° ( o 360°), est 090°, sud 180°, ovest 270°. Un nodo è la
velocità nell’acqua misurata in miglia marine orarie. Secondo gli inglesi un miglio marino è
pari a 1853,18 metri e questa unità di misura è adottata anche da: Argentina, Canada, Cina, Irlanda; il miglio marino USA è pari a 1853,248 metri ed infine il miglio marino internazionale è pari a 1852 metri ed è adottato da: Belgio, Brasile, Cile, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Norvegia, Olanda, Portogallo, Romania, Russia, Thailandia, Spagna, Svezia, Uruguay.
Dovete
immaginare una nave così potente da piegare da sola un’intera nazione, per me
la Bismarck era come la Morte Nera di Guerre Stellari, un tipo di macchina da
guerra che speriamo non debba mai più esistere. Era un mostruoso ammasso di
acciaio che continuava a combattere anche sotto i più pesanti bombardamenti
inglesi. Quando alla fine colò a picco, dopo appena nove giorni di navigazione,
divenne una leggenda, come il Titanic. Non esistono navi invulnerabili, ma la
forza della Bismarck stava nell’ equilibrio delle sue componenti fondamentali:
l’armamento, l’apparato motore (150.000 cv le garantivano in condizioni
normali una velocità di 30 nodi), la corazzatura perfettamente distribuita.
Queste doti la mantennero galleggiante anche dopo il tiro ad alzo zero delle
navi inglesi. Tanto è vero che alcuni esperti, come il professor Giorgerini
docente di Storia del Potere Marittimo, sostengono la tesi dell’auto affondamento che sembra avvalorata da una trasmissione radio tra la nave e l'Oberkommando West delle 10:00 del 27 maggio nel quale si parla di cariche esplosive piazzate nel locale turbine.
La Bismarck,
considerata la nave da battaglia più elegante e perfetta al mondo, venne
costruita in gran segreto nei cantieri Blohm & Voss di
Amburgo e varata nel giorno di S.Valentino del 1939.
Ebbe il suo battesimo del fuoco però solo nel 1941 dopo due anni di
lavori di attrezzamento, era lunga 252 metri, quasi come il Titanic, ma era
dieci metri più larga (36 m.) e pesava il doppio: 49.000 tonnellate. I suoi
otto cannoni da 380mm erano in grado di distruggere una nave a 32 chilometri di
distanza, imbarcava quattro idrovolanti Arado Ar 196 lanciati da catapulte al traverso dietro
il fumaiolo ed aveva una corazza dello spessore di 330mm, fatta di acciaio Wotan
appositamente temprato, sulle torrette e lungo le murate. Nell’estate del 1940
mentre la Wehrmacht tracciava i confini di un nuovo impero germanico dai Pirenei
a Capo Nord, dall’Atlantico all’Oder, la nave prese forma. Arrivarono
ufficiali destinati a posti chiave come Adalbert Schneider, primo direttore di
tiro, Gerhard Junack, ufficiale di macchina responsabile dei servizi di
sicurezza. In seguito ne arrivarono altri: Walter Lehmann, direttore di
macchina, Wolf Neuedorff, ufficiale di rotta, Hans Oels, comandante in seconda. Quarto direttore di tiro era Burkard, barone von Mullenheim-Rechberg. Per ultimo
arrivò il comandante, capitano di vascello Ernst Lindemann, un renano di
quarantacinque anni, abile, freddo, specialista di artiglieria. Il 24 agosto
1940 fu issata la bandiera navale nazista e la Bismarck entrò in servizio nella
Kriegsmarine. Durante il mese seguente a bordo della corazzata proseguirono i
lavori di attrezzamento e ne furono completati gli effettivi: segnalatori,
pennesi, infermieri, cuochi, cifratori, furieri, marinai, fuochisti, camerieri.
Veloce e virtualmente invulnerabile era considerata una minaccia
pericolosissima dall’Ammiragliato britannico, doveva essere fermata prima che
prendesse posizione lungo le rotte strategiche nell’Oceano Atlantico. Durante l'inverno 1940-41 gli alti comandi della marina tedesca decisero di lanciare un'operazione navale molto ambiziosa. L'idea era di riunire in pieno Atlantico un potente gruppo navale composto dalle quattro corazzate Bismarck, Tirpitz, Gneisenau e Scharnhorst, e dai rispettivi gruppi di battaglia; il loro compito sarebbe stato quello di attaccare i convogli di rifornimenti inviati dagli USA all'alleato inglese in difficoltà. Gneisenau e Scharnhorst erano già nel porto di Brest, dopo aver
completato l'operazione Berlin, una campagna navale nel corso della quale avevano catturato 22 mercantili (a capo dell'operazione era l'Ammiraglio Günther Lutjens). Sfortunatamente per i tedeschi la Scharnhorst aveva però bisogno di riparazioni alle macchine e dovette essere messa in secca rimanendo fuori servizio fino a metà giugno. In quel periodo la Bismarck stava completando le sue prove nel Baltico e la Tirpitz, entrata in servizio solo il 25 febbraio, stava procedendo nel suo programma di esercitazioni e non sarebbe stata pronta prima della tarda primavera. Il
fattore sorpresa era ritenuto decisivo dalla Kriegsmarine che per questo decise di mandare in missione la sola Bismarck, accompagnata dall'incrociatore pesante classe Hipper Prinz Eugen mediante un lungo giro che prevedeva di puntare a
nord lungo le coste della Norvegia, proseguire su rotta 315° fin oltre
l’Islanda, rifornirla dalla petroliera Weissenburg, raggiungere il limite dei ghiacci e scendere su rotta 240° passando attraverso i campi minati del canale di
Danimarca e sfidando i ghiacci presenti in mare in quella stagione per ricongiungerla infine con gli U-boote di scorta, salpati a loro volta dalla base navale
francese di Saint Nazaire, la Gneisenau e le petroliere di appoggio Esso Hamburg e Spichern
in pieno Atlantico.
Gli inglesi erano al corrente delle intenzioni della Kriegsmarine e per questo motivo cominciarono una intensa campagna di bombardamenti sul porto di Brest che portarono al danneggiamento pesante della Gneisenau costringendo la corazzata in bacino per molti mesi e lasciando così sole Bismarck e Prinz Eugen. Tuttavia l'ammiraglio Raeder non volle tornare sui propri passi e decise di non attendere il rientro in servizio delle navi danneggiate o la fine dell'addestramento dell'equipaggio della Tirpitz. L'Inghilterra era in
difficoltà e qualche mese di relativa tranquillità sui mari l'avrebbero pericolosamente rinforzata, il nemico andava annientato prontamente. Il 22 aprile 1941 l'ammiraglio Lütjens stabilì i dettagli dell'operazione Rheinübung, ma il giorno successivo il Prinz Eugen venne danneggiato da una mina sulla rotta per Kiel e questo comportò un ritardo nell'inizio delle operazioni fino al 18 maggio successivo.
L'operazione Rheinübung iniziò appunto in quella data dal porto di
Gotenhafen nella Polonia occupata, la Bismarck levò le ancore dal porto e si trasferì nella rada con il Prinz Eugen per completare il rifornimento di provviste e di carburante. Quest'ultimo non fu terminato a causa di un'avaria al sistema di pompaggio, per tutto il giorno la Bismarck si impegnò in una serie di esercitazioni sotto costa con la gemella Tirpitz, a sera rientrò in rada e alla 02:00 del 19 si mosse verso l'isola di Rügen ove era stabilito il punto di riunione con il gruppo di
cacciatorpediniere di scorta (Z-23 [comandante Friedrich Böhme], Z-16 Friedrich Eckoldt [comandante Alfred Schemmel] e Z-10 Hans Lody [comandante Werner Pfeiffer]) ed il Prinz Eugen (comandante Helmuth Brinckmann) una perfetta copia, ma in
scala ridotta, della corazzata voluto così dall’alto comando tedesco per
trarre in inganno i segnalatori inglesi. Comandante della squadra navale tedesca
era ancora l’ammiraglio Günther Lutjens decorato con la croce di cavaliere dopo la campagna
di Norvegia del 1940, uomo sincero, coraggioso, taciturno, non era nazista e
rendeva ad Hitler il saluto navale e non quello del partito, portava sempre uno
spadino da ammiraglio della vecchia marina imperiale, nessun fregio con la
svastica. Le navi furono avvistate dall'incrociatore svedese Gotland e da numerosi pescherecci, sui quali erano imbarcati agenti dell'intelligence inglese e svedese, mentre stavano attraversando lo stretto di Kattegat e di questo fu immediatamente avvertita l'ambasciata britannica a Stoccolma. Anche la resistenza norvegese (Viggo Axelseen) segnalò il passaggio del convoglio tedesco, per cui la manovra non sfuggì all’attenzione di
Londra e dalla base navale di Scapa Flow partì una squadra della Home Fleet per intercettare e
distruggere le navi nemiche. Della divisione facevano parte l’incrociatore da
battaglia H.M.S. Hood, considerata
la nave più potente della Marina imperiale inglese e la corazzata H.M.S. Prince
of Wales.

Mimetizzazione della corazzata all'inizio dell'Operazione Rheinübung, per gentile concessione di Josè M. Rico www.kbismarck.com
21
maggio: la sorpresa è ormai svanita, la ricognizione aerea inglese ha scoperto
la squadra navale nazista. La Bismarck rifugiatasi precipiosamente nello Korsfjord per modificare la mimetizzazione nel tentativo di far perdere le
proprie tracce, riprende il mare aperto preceduta dall’incrociatore pesante
Prinz Eugen senza rifornirsi dalla petroliera Wollin. L'ammiraglio Lütjens si trovò a dover scegliere una tra quattro possibili rotte:il passaggio tra le isole Orcadi e le Shettland, fra le Shettland e le Far Oer, tra le Far Oer e l'Islanda ed infine quella attraverso lo stretto di Danimarca ovvero tra l'Islanda e la Groenlandia, le prime due rotte erano sorvegliatissime dalla Home Fleet così pure il passaggio a sud dell'Islanda, il comandante tedesco sperava di riuscire a sgusciare attraverso i campi minati dello stretto
di Danimarca, che in quella stagione era ristretto a causa dei ghiacci, anche grazie alla protezione di fitti banchi di nebbia segnalati dal servizio meteo: quella fu la decisione definitiva. Come previsto il tempo cominciò a peggiorare ed il cielo si coprì completamente, durante la notte la zona di Bergen venne sottoposta ad un pesante bombardamento da parte della RAF, ma la preda era ormai sfuggita. Alle 05:00 del 22 venne ordinato ai caccia di dirigersi verso il porto di Trondheim
nella Norvegia occupata, durante la mattinata, nonostante il mare agitato, le svastiche a prua e a poppa vennero coperte con della vernice grigia e con la stessa vernice vennero ridipinte le parti superiori delle torri principali e secondarie: era un altro tentativo di ingannare la temuta ricognizione inglese. Alle 12:37 a bordo delle navi tedesche suonò l'allarme, i segnalatori avevano infatti avvistato un periscopio il lontananza; La task force cominciò allora a zig-zagare, la manovra continuò per circa mezz'ora, alla
fine della quale le navi ripresero la loro rotta normale. Procedendo alla velocità di 24 nodi le due navi ormai senza scorta puntarono verso la Groenlandia, alle ore 18:11 venne raggiunto il limite dei ghiacci a quel punto cominciò la discesa verso sud ovest: nuova rotta 240°. Vennero avvistate all'orizzonte due sagome nella nebbia, a bordo suonò nuovamente l'allarme poichè si pensò potessero essere due
pattugliatori inglesi, ma in realtà si trattava solamente di due icebergs alla deriva. Tuttavia le navi britanniche non tardarono ad arrivare, qualche ora più tardi gli incrociatori Suffolk (K3G) e Norfolk (1UY) cominciarono a seguirla a
distanza di sicurezza. All’alba del 24, all’orizzonte, apparirono le navi
britanniche H.M.S. Hood e H.M.S. Prince of Wales (dalle trasmissioni radio registrate i tedeschi la scambiarono per la King George V n.d.r.), subito gli ufficiali della
corazzata diedero l’ordine di prepararsi all’attacco. E' la Hood ad aprire
il fuoco per prima, ma la Bismarck risponde con forza, le due navi sono a circa
25 chilometri di distanza l’una dall’altra e sparano quattro o otto colpi
per volta, valutando poi i risultati dalla torretta del calcolatore di tiro, da
lì vedono le colonne d’acqua alzate dai colpi e cercano di modificare le
traiettorie delle bordate successive. A questo punto l’ammiraglio Holland compì un errore fatale per la propria
divisione, non ordinando all’ammiraglio Wake Walker, sul Suffolk, di serrare le
distanze tra i suoi incrociatori e la squadra navale tedesca in modo da impegnare così da
tergo le torri poppiere della corrazzata come lo stesso ammiraglio Lutjens si
aspettava. Nel frattempo la squadra navale inglese perse potenza di tiro a causa
di un avaria alla torre Y della Prince of Wales ed al cannone #1 della torre A (nel gergo della marina
imperiale inglese le torri principali erano siglate a partire da prora: A, B, X
e Y, per la Kriegsmarine invece la convenzione era A, B, C e D, gli artiglieri
della Bismarck le avevano umanizzate chiamandole Anton, Bruno, Cäsar e Dora la
più potente delle quattro n.d.r.). Un proiettile della Bismarck va a
segno colpendo la Hood proprio nel cuore: la Santa Barbara delle torri di tiro
principali, la nave inglese esplode e si spezza in due affondando alle 06:13, posizione 63° 22' N 32° 17' W; sono
trascorsi esattamente ventun minuti da quando l’ammiraglio Holland aveva
orgogliosamente guidato in battaglia la sua divisione. A bordo dell’Hood
c’erano 1415 uomini, se ne salvarono solamente tre, alla Prince of Wales, a
sua volta pesantemente danneggiata, non restò che ritirarsi. In Inghilterra, la
notizia dell’affondamento dell’Hood fu uno shock, lo stesso Winston
Churchill capì immediatamente la gravità dell’evento e arrivò a chiedere
l’affondamento della Bismarck con qualsiasi mezzo, a qualsiasi prezzo. Nella
concitata notte del 26 maggio fece redigere il seguente messaggio per
l’ammiraglio Sir Tovey: “Dai Suoi messaggi non riusciamo a farci
un’idea precisa della situazione. La Bismarck deve essere affondata ad ogni
costo e se per farlo è necessario che la King George V rimanga sul posto, vi
rimanga, anche se dovesse significare di doverla prendere a rimorchio in
seguito.”

Mimetizzazione dopo la sosta nel Korsfjord. Questo è l'aspetto della Bismarck durante la Battaglia dello Stretto di Danimarca, per gentile concessione di Josè M. Rico www.kbismarck.com
Nel combattimento lo sparo di una delle sue stesse bordate dei calibri principali provocò l'avaria dei radar della Bismarck, per questo motivo il Prinz Eugen passò in testa alla formazione, ma la nave incasso altri colpi e più precisamente: uno alla sezione XIV, mezza nave, a causa del quale andarono in avaria i generatori del compartimento #4 di
sinistra e si allagò il locale caldaie #2 provocando uno sbandamento di 9° a sinistra, uno alla sezione XXI, a prua. In questo punto, un colpo sparato dalla Prince of Wales trapassò la nave da sinistra a dritta non molto al di sopra della linea di galleggiamento, a causa del mare 4 la nave imbarcò, quasi 2.000 tonnellate d'acqua. Un ultimo colpo arrivò al ponte scialuppe, ma non provocò danni di rilievo. Il comandante Lindemann con la nave appruata di 3° e sbandata di 9° a sinistra cercò di ristabilire un
assetto accettabile ordinando di trasferire carburante dai bunker di prua a quelli di poppa e facendo allagare le cisterne # 2 e 4 di dritta. Nonostante questo la velocità dovette essere diminuita a 28 nodi, Lütjens e Lindemann si resero presto conto che la nave non poteva proseguire oltre nella sua missione, doveva essere riparata, ma dove? Le alternative erano solo due: tornare in Norvegia invertendo la rotta, mossa più conservativa nel breve, ma che avrebbe esposto in futuro la nave ad un'identica rischiosa missione
per arrivare in Atlantico aperto oppure proseguire verso la Francia confidando di raggiungere gli U-boote allertati e il raggio di azione dei caccia provenienti dai campi di volo della Bretagna entro un giorno, un giorno e mezzo al massimo. Si optò per la seconda possibilità lasciando il Prinz Eugen libero di continuare da solo la propria missione, come manovra di disimpegno e per permettere al Prinz Eugen di allontanarsi in sicurezza la Bismarck avrebbe compiuto un inversione di rotta di 180° andando incontro ai caccia
inglesi e provando perchè no ad affondarli e dopo un lungo giro avrebbe proseguito su rotta 150° verso Brest. La manovra doveva essere eseguita al segnale: Hood! Approfittando di un piovasco gli ufficiali tedeschi riuscirono ad allontanarsi e per 31 ore della Bismarck si persero le tracce. La mattina del 26 però il Catalina Z209, partito dall'Irlanda del
Nord, ritrova la Bismarck e trasmette il seguente messaggio in chiaro: "una corazzata, direzione 240°, distanza 5 miglia, rotta 150°, mia posizione 49° 33' N, 21° 47' W". L’inseguimento del Norfolk e
del Suffolk può riprendere in attesa che un nuovo gruppo navale inglese, guidato
dalle corazzate H.M.S. Rodney e H.M.S. King George V, serri le distanze con
la corazzata tedesca. A bordo viene eseguito l'ordine di dipingere di giallo la parte superiore delle torri principali e secondarie. Nel tentativo di rallentare la Bismarck quindici
aerosiluranti Swordfish, decollati dalla portaerei H.M.S. Victorius, si
lanciarono il giorno seguente in un attacco poco meno che suicida, alle 20:47 due siluri colpirono la nave, il primo al traverso all'altezza della sezione VIII senza arrecare danni pesanti, ma il secondo raggiunse il timone di dritta nella sezione II bloccandolo nella posizione 12° a sinistra. Il locale venne allagato ed i genieri non riuscirono a riparare l'avaria a causa delle condizioni del mare. In un primo momento si pensò di usare cariche esplosive per liberarsi del timone e dirigere la nave semplicemente con le eliche, ma il
rischio di danneggiare la propulsione era troppo alto ed il piano venne abbandonato. Il
comandante Lindemann inviò allora al comando tedesco un messaggio radio chiaro
e conciso: “Nave impossibilitata governare. Combatteremo fino all’ultimo.
Viva il Fuhrer”. Nelle prime
ore del mattino Lindemann disse all’equipaggio che potevano prendere dalla
spaccio della nave tutto quello che volevano, le sue parole risuonarono come una
sentenza di condanna a morte. A questo punto per la flotta inglese fu molto più
facile chiudere in un vero e proprio assedio la corazzata nemica. Le prime navi
a sparare alle 08:47 del 27 maggio furono le corazzate Rodney e King George V da
una distanza di circa trenta chilometri, ben presto si unirono gli incrociatori
Suffolk, Norfolk e Sheffield. La Rodney si avvicinò poi progressivamente
fermandosi quando era a circa tre chilometri, la distanza ideale per sparare ad
alzo zero direttamente contro le torrette e gli altri punti vitali dello scafo.
Il bersaglio principale delle artiglierie inglesi era il ponte di comando,
l’ammiraglio Tovey voleva distruggere il centro operativo della corazzata per
azzerarne la capacità difensiva. Alle 09:02, esattamente quindici minuti dopo
l’inizio dell’attacco, una granata da quaranta centimetri di diametro,
sparata dalla Rodney, andò a segno colpendo la sala di comando di prua uno dei
centri nevralgici della Bismarck durante la battaglia dove l’ufficiale di
artiglieria Schneider dirigeva il fuoco delle quattro torri principali. La
granata uccise sul colpo Schneider ed altri ufficiali ponendo fine al fuoco
coordinato della nave, probabilmente nell’esplosione perse la vita anche il
comandante Lindemann. Però nemmeno questi tiri ad alzo zero usando i cannoni
come enormi fucili e sparando direttamente contro la corazzata furono in grado
di darle il colpo di grazia, molte granate rimbalzarono sull’acqua e non
colpirono i punti vitali della nave devastandone solo le sovrastrutture e
decimandone l’equipaggio. Contro la Bismarck vennero sparati 2876 colpi di
artiglieria pesante, il combattimento si protrasse per un’ora e mezza
lasciando la nave tedesca semi distrutta, ma la Bismarck si rifiutava di
affondare. All’improvviso a bordo venne dato il segnale di abbandonare la
nave. Alle 10:18, un’ora e trentun minuti dopo l’inizio dell’attacco,
l’ammiraglio Sir John Tovey spazientito, ordinò all’incrociatore H.M.S.
Dorsetshire di accostarsi alla Bismarck e di lanciare i suoi siluri, da almeno
un quarto d’ora la nave tedesca non dava segni di reazione, le armi non
sparavano più, solo le fiamme divampavano in diversi punti. Tre di quei siluri
andarono a segno, verso le 10:35 la nave cominciò ad affondare, in modo palese
e costante, i marinai superstiti si lasciavano scivolare in acqua dal lato
sinistro del ponte, l’unica loro speranza era affidata ad un giubbotto
salvagente e alle navi inglesi che incrociavano nella zona. Cinque minuti più
tardi, alle 10:40, la Bismarck si capovolse e sprofondò negli abissi. Per
alcune centanaia di metri scese capovolta, ma poi si raddrizzò e coprì quasi
tutta la distanza che la separava dal fondale in quella posizione. Dopo una
discesa di dieci minuti la nave colpì con un impatto violentissimo una montagna
vulcanica sommersa, da qui in poi cominciò a scivolare per circa un chilometro
scavando un solco profondo ed alzando enormi nuvole di detriti. La prua della
nave tagliò in due il pendio mettendo in movimento un’enorme massa di acqua e
fango, una sorta di immersa valanga che alla fine si riversò sulla stessa
Bismarck facendola procedere a zig zag fino a quando poi si arrestò a 4820
metri di profondità. L’Inghilterra ebbe così la sua vendetta, la minaccia
era stata sventata, dell’intero equipaggio 1200 marinai morirono durante il
bombardamento, gli incrociatori Dorsetshire e Maori ne salvarono 115, ma ne
lasciarono morire almeno altri mille allontanandosi dalla zona precipitosamente
per paura del sopraggiungere dei temibili U-Boote.

Mimetizzazione della nave al momento dell'affondamento le torri principali e secondarie sono state dipinte di giallo ocra (RAL1003) la mattina del 26 maggio, per gentile concessione di Josè M. Rico www.kbismarck.com
Il
relitto della Bismarck, che è un cimitero di guerra, è stato avvicinato per
primo dal ricercatore americano Russ Ballard l’8 giugno 1989, nel corso di una
spedizione sovvenzionata dal National Geographic, e più recentemente dal
regista James Cameroon. Tra i primi resti ad apparire uno stivale perso da un
qualche ufficiale, dopo quello il ponte di comando, la forza delle correnti lo
deve aver strappato dal resto della nave mentre la Bismarck si inabissava
nonostante avesse le dimensioni di un palazzo di quattro piani. Lo scafo,
scivolando verso il fondo, l’ha poi letteralmente spazzato via facendolo
capovolgere e spingendolo poco lontano. Si distinguono ancora chiari ed intatti
gli alloggiamenti delle quattro torri di tiro principali del peso di 1900
tonnellate, lunghe 30 metri e alte 12. Ognuna aveva caratteristiche leggermente
differenti ed ospitava 21 artiglieri. Queste erano tenute in sede dalla sola
forza di gravità e quindi si sfilarono immediatamente dopo lo scuffiamento
della nave. Verso poppa gli idrovolanti ancora nei loro hangar pronti al lancio
dalle catapulte. La murata di sinistra appare più danneggiata perché da quella
parte arrivarono la maggior parte delle bordate sparate dall’artiglieria
inglese. Tutte le torrette dei cannoncini al traverso mostrano una serie di fori
di 15/20 cm di diametro causate dai proiettili inglesi di medio calibro che
perforavano la corazzatura uccidendo all’istante i marinai tedeschi.
L’alloggiamento della torre Dora appare praticamente intatto, la torre
poppiera era attrezzata con i cannoni più potenti di tutta la nave ed era in
grado di sparare proiettili da 30 cm di diametro che pesavano quasi una
tonnellata. Ognuno di essi veniva sollevato e caricato con un sofisticato
sistema idraulico e viaggiava poi a una velocità elevatissima, due volte e
mezzo quella del suono. Al momento dell’impatto la parte esterna del
proiettile perforava le pareti corazzate della nave nemica liberando
contemporaneamente mille schegge letali, ma anche un nucleo interno che
proseguiva la sua corsa producendo altre schegge mortali e solo una volta
penetrato nelle parti vitali della nave finalmente esplodeva. A prua il relitto presenta ben visibile lo squarcio di circa due metri provocato da una delle bordate
sparate dalla Prince of Wales durante lo scontro nella quale gli inglesi persero
la Hood. E' ben chiara anche la falla che provocò la fuori uscita in mare di molte tonnellate di carburante. Questo rese ancora più critica la situazione delle scorte di nafta, infatti per sottrarsi alla caccia inglese dopo essere stata individuata dalla ricognizione aerea, la nave non poté essere rifornita nel Korsfjord (alle 19:03 di lunedì 26 maggio il comandante trasmise in chiaro ai comandi in Francia la sua preoccupazione per le scorte di combustibile n.d.r.).
Una scoperta
sorprendente è che il relitto della Bismarck non ha più la poppa, gli ultimi
quindici metri della nave sono letteralmente scomparsi, in effetti, mentre la
parte centrale dello scafo era corazzata, la coda non lo era e l’acciaio
sottile si è troncato come se fosse finito in una ghigliottina. Dal fondale
melmoso emergono le eliche e i timoni, il tallone d’Achille della nave. Lo
scafo presenta fenditure di circa trenta metri lungo le due murate con il taglio
superiore netto, non possono essere state provocate dai siluri inglesi. Da che
cosa allora? Sembra incredibile ma
il 40% della parte inferiore dello scafo non esiste più, la causa di tutto
questo è da ricercarsi nel pesante impatto con il fondo dell’Oceano, la nave
precipitando deve aver per prima cosa colpito
con la prua la montagna sottomarina e poi essersi schiantata abbattendosi
fragorosamente sul fondale. L’urto ha aperto in due lo scafo che deve aver
ceduto nei punti più deboli corrispondenti ai buchi aperti dalle bordate
inglesi. Però nessuna di queste sembra aver colpito i punti vitali della
Bismarck per cui la tesi sostenuta anche dalla maggior parte dei sopravissuti
che cioè sarebbero stati gli stessi ufficiali tedeschi ad auto affondarla, con
cariche di esplosivo, non sembra del tutto inverosimile e attribuisce alla nave
da battaglia più bella e temibile che sia mai stata costruita un alone di
mistero che l’ha consacrata nella leggenda della Seconda Guerra Mondiale.
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